LO SGUARDO DEL CORPO

INTERVISTA A VIOLA LO MORO*

Adele Bardazzi

Bardazzi - All’interno della tua scrittura come anche nella tua attività politica, che tipo di connotazione assume la parola ‘femminile’?

 

Lo Moro - La parola femminile, per il mio vissuto di attivista femminista e lesbica, è molto problematica. Anzi, è una parola che abbiamo continuamente problematizzato, de-naturalizzato, re-inventato. Se per femminile intendiamo un insieme di caratteristiche legate alla costruzione del genere sessuale femminile – caratteristiche quantomai aleatorie e soggette al contesto storico, politico, sociale – non esiste una scrittura, una letteratura e meno che mai una poesia femminile. Esiste come forma di mercato per incasellare una scrittura ritenuta più “per donne” – più sentimentale, potremmo dire semplificando molto. Sappiamo benissimo che uomini e donne scrivono di sentimenti, ma il valore attribuito dal canone ai sentimenti raccontati dagli scrittori ha assunto nel tempo una variabile più seria e universale; quegli stessi sentimenti raccontati dalle scrittrici sono invece stati canonizzati e inferiorizzati come “intimisti”, parziali, per donne, mai per tutti. 

Fatta questa premessa, molto tagliata con l’accetta, mi rendo conto, credo sia giusto però individuare anche che ritengo che tutti i corpi siano sessuati – biologicamente, culturalmente, socialmente – e chi scrive parte da una posizione legata al corpo. La scrittura delle donne ha quindi alcune caratteristiche, talvolta più visibili, talvolta meno – esattamente come quella degli uomini – date dall’impasto che ha costituito i nostri corpi e le nostre storie, individuali e di genere – e ragionare intorno alla scrittura delle donne, alle forme ricorrenti, ai temi, alle modalità di fruizione credo sia ancora di grande interesse, perché rileva, come un sismografo, i movimenti profondi della cultura di una società. Osservare con attenzione la scrittura delle donne, dargli spazio e valore, vuol dire cominciare anche a vedere meglio la storia vivente, i suoi lati problematici e oscuri, il non detto, l’imprevisto.

 

b - Sono interessata a questa prospettiva che pone la ‘poesia scritta da donne’ come costrutto editoriale. Da autrice che scrive poesia, posso chiederti cosa comporta per te il gesto di partecipare a progetti editoriali che demarcano la poesia attraverso il genere? Penso all’antologia Chiamami col mio nome. Antologia poetica di donne – vol. II (La vita felice, 2022), a cura di Anna Toscano a cui hai contribuito, ma naturalmente anche al progetto Non solo muse

 

lm - Il genere è un costrutto culturale e performativo potentissimo, paragonabile per capacità di permeare tutte le strutture della società, con l’eteronormatività. Per questa ragione non ho alcuna affezione né come autrice né come militante a sottolineare continuamente un posizionamento di genere. È importante invece come autrice avere la libertà di esprimere un corpo sessuato e un posizionamento lesbico (intesa come soggettivazione politica e non come orientamento sessuale).

Dall’altro canto credo sia importante vedere come le lotte del movimento delle donne stiano portando alla creazione di luoghi e spazi (fisici, simbolici, culturali, immaginativi) che restituiscono tutto l’enorme sommerso delle donne nella storia. Ben vengano dunque le raccolte di poesie di donne, le scienziate, le astronaute, le agronome, le artiste, le imprenditrici, e così via, a patto che non ci si confonda e non si faccia l’errore di pensare che millenni di patriarcato e una cultura dominante ancora ovunque e dovunque di egemonia maschile sia decaduta. Siamo ancora molto lontane.

Per quanto riguarda l’antologia nello specifico, sono stata inserita con una mia poesia e l’ho scoperto solo a cose già avvenute.

 

b - Nella attività politica come anche culturale, tu sei impegnata come socia della Libreria delle Donne di Roma, Tuba, della quale curi anche la programmazione. Sei stata anche ideatrice e organizzatrice del festival delle scrittrici “inQuiete”. Se all’interno della Letteratura con la L maiuscola, e dunque anche la poesia, è un limite e limitante individuare uno spazio letterario all’interno del canone riservato alle donne, anziché rivedere quel canone e fare spazio all’interno di esso per chi è stato e continua a essere escluso, posso chiederti cosa cambia fuori dalla letteratura? Cosa è importante distinguere e differenziare qui? C’è spazio che può evitare ‘esclusioni’? 

 

lm - Sono stata ideatrice di inQuiete e l’ho curata solo per i primi tre anni. Da un po’ di anni non sono più nella curatela. Per quanto riguarda Tuba, alcune decisioni generali di programmazione le prendiamo tutte insieme, io mi occupo dell’organizzazione mese per mese e di gestire la maggior parte delle presentazioni.

Provo a rispondere con qualche suggestione alle domande. Io credo che la storia si fa per forzature, per momenti di rotture, per pratiche quotidiane di resistenza. Il dominio maschile e l’eteronormatività sono semplicemente non percepiti come una forzatura che va avanti da millenni, ma come una normalità. Se si inizia a guardare il mondo da un’altra prospettiva invece sono gli uomini che hanno creato e perseguito luoghi escludenti e vestiti di normalità. Quando un gruppo di donne (o penso a un gruppo di persone non bianche che decidono di istituire dei luoghi di aggregazione e cultura solo per persone non bianche) genera uno spazio conflittuale è lì che si svela quanto di più consolidato e stabile ci possa essere in un’istituzione di potere. Il canone letterario – a mio avviso – deve essere conosciuto, amato e picconato. Solo così si possono aprire dei varchi, dei vuoti, ed è lì che si può intravedere tutto un ignoto straordinario.

 

b - Riprendendo alcuni elementi di questa tua risposta molto ricca, vorrei chiederti in che modo la tua identità non solo di genere si relaziona, agisce, all’interno della tua scrittura? Quanto questioni di razza, come anche classe, trascurando molti altri piani, prende spazio nella tua coscienza autoriale? Credi che questi gruppi che si riuniscono siano veramente capaci di non riproporre gli stessi sistemi di esclusione, semplicemente su altri piani, che cercano di resistere? Infine, come si presenta a livello di scrittura a tuo avviso un senso di eteronormatività? Come si può, se si può, resistere il ‘dominio maschile’, attraverso, nella, poesia? 

 

lm - Quante domande in una domanda! Non credo di essere all’altezza di avere una risposta a tutto questo mondo, che giustamente interroghi! La mia scrittura poetica vorrei fosse sempre libera – è una tensione, ovviamente, non un programma – e mi rendo conto che la libertà stessa non è qualcosa che intendo fuori dalla relazione – relazione con le altre, gli altri, il mondo, gli oggetti viventi e non. Vorrei fosse libera dalle mie impostazioni etiche, valoriale, ma vorrei anche che, pur andando nei luoghi più oscuri e indicibili, potesse tornare al mondo fuori dal libro con un respiro più ampio. Questo è quello che ho provato a fare nella seconda raccolta, “luoghi amati”. Nella mia poesia entra la mia soggettivazione politica, che non è immutabile e fissa, ma è da un po’ piuttosto consolidata. È una soggettivazione lesbica e femminista. 

Penso, da donna bianca di classe media, che la postura migliore rispetto alle rivendicazioni delle persone non bianche, sia quella dell’ascolto e della solidarietà. Non quella dell’invasione, costume assai comune. Come gli uomini possono passare molto tempo a dire che individualmente non sono violenti senza cogliere il punto di una tradizione così radicata da farne parte, così pure le persone bianche possono passare tutto il tempo a dirsi antirazziste senza considerare il peso collettivo e la responsabilità millenaria di oppressione razziale. Personalmente credo che il separatismo sia una strategia di benessere e lotta fondamentale; per me lo è stato quando facevo parte di collettivi separati femministi o lesbici. Se donne e uomini (o solo donne) non bianche* vogliono stare tra loro per stare bene, per fortificarsi, tornare al mondo più forti, lo capisco benissimo. È ovvio che l’ideale di una società è quello di ritrovarsi insieme in pace nelle differenze, ma per arrivarci non si può eludere il conflitto, e soprattutto non si può far finta di non vedere l’ovvio stato di oppressione ancora in atto. 

Sulla classe mi sento di essere più fragile nello studio, ma credo sia il caso, anche qui, di stare con la realtà, quanto meno del nostro paese, in cui la povertà, la precarietà e l’ingiustizia sociale è tanto più presente, quanto più sono presenti le persone estremamente ricche. L’eteronormatività regola i rapporti tra persone di sesso differente e talvolta anche le persone dello stesso sesso. Entra nella scrittura perché chi scrive ne è permeato e permeata. L’amore, la famiglia, il possesso, i drammi… questo non vuol dire che all’interno di questo canone abitato non ci siano capolavori! Ma, per me, partire da un vertice di critica, vuol dire provare a immaginare, anche nella scrittura, mondi, relazioni, orizzonti nuovi. 

Uscire dallo sguardo e dal potere seduttivo verso il maschile può essere un buon inizio per levarsi, scartando, dal dominio maschile. 

 

b - Riprendendo questa tua presentazione come attivista femminista e lesbica, vorrei chiederti in che modo la tua pratica di scrittura e l’entrata della tua poesia nel mondo si relaziona al ‘corpo’ che la scrive e il mondo in cui questo corpo si inserisce: un mondo patriarcale che porta avanti politiche sessiste, omofobe? La poesia è scritta da ‘fuori’ il mondo? E in ogni caso, la poesia ‘non cambierà il mondo’, come scrive in un suo verso ormai celebre Patrizia Cavalli?

 

lm - Il soggetto lirico, poiché è dotato di un corpo, è sempre un soggetto storico. Quanto e come “decide” di coincidere con il soggetto biografico è una scelta che cambia, che si inventa di volta in volta. Inoltre, mi interessa moltissimo come la microstoria e la macrostoria interagiscono tra loro. Tutto è piccolissimo e grandissimo, la storia invade i sentimenti e le giornate minime individuali, ma al tempo stesso ne è anche dipendente. Sto molto riflettendo in questo senso, forse la chiave per la mia poesia ha a che fare con i luoghi e gli oggetti dove la micro e macrostoria precipitano l’una nell’altra.

In questo momento mi interessa l’accumulo di oggetti, il consumo forsennato, la perdita di controllo dell’eccesso. Di fronte a questo mi interessa indagare qualcosa di nucleare, intimo, genealogico. Forse anche preistorico.

 

b - Credi che sia possibile rivendicare, resistere con la parola ‘femminile’ come termine più inclusivo e aperto, pensando proprio anche alla comunità LGBTQIA+ rispetto a ‘poesia scritta da donna’ dove al centro è ancora posto il genere biologico di ‘donna’ che alcune addirittura alcune comunità femministe non considerano come identità inclusiva ma transfobica? 

 

lm - La verità è che non lo so. È un terreno molto controverso, e soprattutto si vanno a toccare dei punti di sensibilità di comunità diverse tra loro e diversamente oppresse. Mi piacerebbe ritrovare dei punti di alleanza, ma so che sono anni di conflitto se non addirittura di scontro su queste parole (cariche di significato) e che ci vuole un po’ di tempo, cura reciproca e pratica quotidiana, per ricostruire la fiducia tra femminismi diversi. Preferisco agire queste pratiche piuttosto che esprimermi sulle parole più adeguate.

 

b - In che modo la poesia entra in dialogo con le scienze? Potremmo identificare una poetica che sostiene un ‘sistema circolatorio’ dove la ripetizione è elemento centrale della poesia lirica? In Cuore allegro troviamo un movimento che si ripete, ed è proprio all’interno di questo movimento ripetitivo che può esserci vita. Che tipo di ripetizione ti interessa sviluppare all’interno della tua poesia? Si ritrova più a livello tematico o anche stilistico? E che tipo di ‘differenza’ tenta o fallisce di creare questo ripetersi?

 

lm - Sono sempre stata attratta dalla biologia e dalla fisiologia. Ho ritrovato quaderni di appunti delle elementari con dissertazioni varie sul sistema circolatorio. Mi interessa, nella raccolta, questa spinta (idraulica ed elettrica – non metafisica) inesorabile. E mi interessa quando questa spinta si rallenta fino a terminare. Una spinta che pulisce il sangue, lo rimette in circolo, ma al tempo stesso asfitticamente rimane tutto lì, nel corpo. Solo attraverso il contatto con il corpo delle altre e degli altri, si può sperare in uno scarico di tensione vitale. La ripetizione, l’ossessione per alcuni suoni, la liberazione in parole inaspettate, fanno parte metaforicamente di questo discorso.

 

b - In una poesia di Cuore allegro mi ha colpito l’emergere di un io attraverso la relazione con l’altro, il tu. Che ruolo ha il “noi” nella tua poesia? È solo una maschera di una soggettività individuale piuttosto che plurale e collettiva? In che modo la tua poesia si relaziona a un senso di collettività e pluralità (di voci, di identità, di emozioni)? 

Portando all’eccesso la complicanza del nostro amore 

ho confuso te con me 

noi con me 

il non-noi con il non-me

lm - Il “noi” in Cuore allegro emerge come tentativo di un io che tenta di uscire da sé, diventare quindi più vivo nella relazione. Il tentativo però è spesso goffo, esagerato, scomposto, mal gestito. Il “noi” quindi può compiersi poco, può realizzarsi in alcuni barlumi, alcuni abbracci, alcuni sguardi. È un noi abbastanza fallimentare.

 

b - Pensando al complesso processo di canonizzazione e la difficoltà che alcune poete hanno avuto ad entrare nel canone poetico italiano, vorremmo chiederti se secondo te c’è una poeta particolarmente significativa per il tuo percorso? Quali sono, in senso più ampio, i punti fermi e modelli poetici all’interno della tua produzione?

 

lm - Sono moltissime le poete fondamentali nel mio percorso di vita, prima che artistico e creativo. Ne cito alcune, certa di dimenticarmene molte, alcune coetanee e alcune più grandi di me, alcune non più su questa terra, e in ordine sparso: Antonella Anedda, Amelia Rosselli, Biancamaria Frabotta, Maria Grazia Calandrone, Silvia Righi, Giovanna Cristina Vivinetto, Antonia Pozzi, Kae Tempest, Mariangela Gualtieri, Audre Lorde, Eva Lipska… 

Sono importanti le poesie che non sono entrate nel canone perché mai pubblicate se non su riviste femministe e lesbiche negli anni ’70, ’80, ’90.  I punti fermi nella mia produzione poetica sono alcuni di queste, mentre altre le guardo e le leggo con la curiosità e ammirazione nei confronti della loro totale differenza. Nella mia prima raccolta sono entrate molto alcune genealogie precise, nella seconda che uscirà in autunno 2022, ci sono echi anche di poeti amatissimi, di poete e di cantautori. 

 

b - In Cuore allegro troviamo un dispiegamento di attrezzi ed elementi corporei (da fili a tubi, asfalto, sangue, viscere, flebo). In che modo una poetica degli ‘oggetti’ aiuta a sottolineare la caducità non solo delle cose, ma della vita e il ‘non detto’?  

 

lm - Gli oggetti ci dicono (con un linguaggio diverso) che tutto ciò che siamo e tutto ciò che ci circonda è soggetto a trasformazione, a logoramento, a continue morti e rinascite in forme e in stati diversi. Gli oggetti vanno solamente illuminati. La poesia può permettersi di farlo senza ragionare, senza misurare, senza collocare.

 


* Questa intervista è stata svolta tra giugno e luglio 2022 all’interno del progetto Non solo muse (www.nonsolomuse.com) curato da Adele Bardazzi e Roberto Binetti.